mercoledì 28 gennaio 2015

Isole del non ritorno


Mi è capitato di vedere negli ultimi mesi 3 film legati da qualcosa in comune: l'ambientazione su isole e il terrore che, in forme diverse, si annida in queste isole. "A Venezia un dicembre rosso shocking" con la minaccia di un fantomatico serial killer; "Ma come si può uccidere un bambino", con un'orda di ragazzini impossessati che fanno fuori tutti gli adulti; "L'uomo di vimini", in cui tutti gli abitanti dell'isola tendono un mortale tranello a un poliziotto bacchettone, diventato agnello sacrificale del loro rito propiziatorio. Tre grandi film, horror (o semi-tali) non scontati, pieni di spunti ben sviluppati tenuti insieme da un leit-motiv comune: la persecuzione dei protagonisti da parte di un unico assassino, un sotto-gruppo di assassini, un'intera comunità di assassini. Il tema della morte è affrontato in relazione a questa sinossi dell'antagonista, in un crescendo di alienazione dal tabù ancestrale dell'uccidere che culmina con il paganesimo dell'ultimo film. Eppure, nello stesso tempo, propone il circolo vizioso dell'uccisione necessaria di uno per la sopravvivenza di tutti, il capro espiatorio che annulla l'ira della natura nel solstizio d'estate. Nota particolare per Julie Christie e Donald Sutherland, due grandi attori che rimangono sulle loro a tutto vantaggio della trama a spirale che li avvilupperà.

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