Dalle parti della stazione Termini, passeggiando verso le vie parallele ai binari, in piena civiltà afroromana, si arriva a questo edificio dalla pianta ellittica, una sorta di pantheon nato come acquario (!), il cui pian terreno ospita conferenze e dibattiti ragionevolemente di architettura e dintorni. Proprio sui dintorni era incentrata la mostra dedicata a Calvino, che correva lungo il passeggio circolare al primo piano, con affaccio sulle sedie in fila e sui vocioni degli operai affaccendati a preparare chissà quale evento. Forse per mia poca voglia, forse per un pò di maldisposizione infusa dall'aria scioperata degli anziani signorotti messi a custodia del luogo, la mostra mi è sembrata pretestuosa e arida. Italo Calvino, uno dei più lucidi intellettuali italiani, viene citato su cartelloni dai caratteri minuti, evocato da collage di dubbio design, associato a immagini che dovrebbero richiamare le utopie del suo scritto più architettonico "Le Città Invisibili". Il tutto poteva essere meglio congegnato, con meno sciatteria e un pò più di passione e impegno, entrambi in teoria richiesti come minimo accorgimento per adeguarsi a un'occasione simile.
Tra le istallazioni accostate a Calvino una opera di Tonel, l'artista cubano Antonio Eligio Fernández, che in modo scherzoso presenta "Autoretratto a los 50 años", parodia di un regime con libertà di parola completamente nulla.
Altra opera, questa direttamente ispirata al letterato nato a Cuba, è quella di Enrico Frattaroli. Un libro "gualcito", tante pagine da "Se una notte d'inverno un viaggiatore" che formano un bouquet cartaceo, rimando alla moltitudine di sentieri che il romanzo, come fossero rose, offre al lettore (per poi deluderlo con il repentino sfiorire di ogni trama).
Una ciliegina appena uscito dalla struttura: adocchio un bagno, di lato al bar, con accesso da una breve discesetta "carrozzabile". Uno degli usceri mi fa: "Signò, deve andà ar bagno? Non può passà da dentro? Sennò qua me tocca sempre stà a aprì e chiude...". Mah!
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